TRIPADVISOR: possiamo fidarci? Le ammissioni del Gufo di Boston.
La questione è sempre la stessa : possiamo fidarci?
Compro online qualsiasi genere merceologico da oltre 15 anni. Tecnologia, accessori, abbigliamento, alimentari, vacanze e tanto altro, fanno parte delle mie abitudini di acquisto sul web. Ovviamente al principio ero uno sperimentatore coraggioso innamorato della modalità di acquisto (internet) più che della sicurezza delle transazioni o correttezza del venditore. Ricordo che nel 1998 comprai un pc dall’e-commerce della DELL. Oggi le cose sono molto cambiate. Una volta ci si affidava al passaparola per verificare la buona o cattiva reputazione del commerciante, oltre alla pubblicità influiva l’esperienza riferita di chi conosciamo. Il consiglio e la referenza. In alcuni settori, come ristorazione e turismo, potevamo avvalerci anche delle autorevoli guide turistiche e dei giudizi di “critici” addetti ai lavori, come nel caso della celebre Guida Michelin ( quella delle stelline agli chef).
Nel mondo tecnologico, globalizzato e spersonalizzato, il problema era come mantenere centrale il valore della reputazione, nelle scelte di acquisto. Correva l’anno 2000 quando a Boston (USA) , Nick Shanny e Stephen Kaufer, fondarono TripAdvisor con ” la missione di aiutare i viaggiatori di tutto il mondo a pianificare la vacanza perfetta“. L’idea era semplice, già sperimentata da qualche anno da colossi come Ebay o Amazon e quantomai utile: recensire tutte le strutture turistiche fornendone dati e caratteristiche ma, soprattutto, coinvolgendo gli stessi clienti nel raccontare la loro esperienza diretta, dandone un giudizio. Bye Bye Guida Michelin, da quel momento l’autorevolezza del giornalista gastronomo è stata sepolta sotto l’enorme mole di recensioni del cliente comune. Acquistare tramite web non è più un salto nel buio. Per chi si avventura online è sicuramente un bel valore aggiunto leggere l’esperienza di altri che hanno già acquistato quel prodotto o servizio e , aggiungerei , anche dall’altra parte avere un feedback (pressochè anonimo) da parte dei propri clienti è altrettanto utile per poter migliorarsi. Tutto questo sarebbe fantastico e utile, in un mondo ideale, purtroppo non il nostro; infatti moltissime sono le accuse di abuso dello strumento “recensione” che nel caso di TripAdvisor ha portato il fiorire di vere e proprie truffe, come segnalato dall’autorevole rivista Italia a Tavola. Non bastavano le truffe sul vino, sui latticini, sull’olio, adesso le truffe coinvolgono anche chi dovrebbe proteggerci dalle cattive esperienze. Sembrerebbe infatti che la recensione negativa non solo rappresenti una sorta di “legittima vendetta” del cliente per un servizio non all’altezza, ma addirittura sia usata a livello estorsivo o diffamatorio solo per danneggiare la reputazione ( non solo web ) e viceversa quella positiva non sia poi così spontanea, ma in alcuni casi “spintanea” se non addirittura totalmente inventata. Altro che “cliente misterioso” usato un tempo per testare in forma anonima la qualità di un ristorante. Oggi i ristoratori potrebbero trovarsi recensioni al limite dell’offensivo, senza aver mai servito quel cliente oppure potrebbero essere tentati di pagare società specializzate per far salire artificiosamente quelle positive. E’ il business bellezze e, chi se ne frega della buona fede! Eclatante il caso, messo in risalto da Italia in Tavola, che ci ha gentilmente fornito la registrazione audio, della telefonata (in alto) intercorsa tra un albergatore di San Vigilio di Marebbe e una fantomatica società Webreputation by Mediafashion per assicurarsi recensioni positive e la cancellazione di quelle negative. Costo del pacchetto di 10 cancellazioni più tre in omaggio e rilascio di tre recensioni positive ben 1600 euro. La cosa grave è che l’operatrice di questa società sostiene ripetutamente e con convinzione di essere affiliata a TripAdvisor ed autorizzata per tali operazioni di bonifica online. Incredibile ma vero. La società del gufetto ha atteso fino a ieri , dopo che la cosa è stata portata all’attenzione dei media, per dare una risposta ufficiale sulla questione, e così una email a firma del CEO Stephen Kaufer è arrivata nelle caselle email di tutti gli iscritti. In sintesi si ammette il problema e si dice che il team di TripAdvisor lo sta affrontando. Quindi a Boston ne sono consapevoli e dichiarano “Per evitare qualsiasi fraintendimento, …. nessuna società di ottimizzazione è, e mai sarà, affiliata di TripAdvisor e che la pratica della pubblicazione di contenuti non autentici e non provenienti dai viaggiatori si oppone nettamente ai principi su cui si fonda la nostra azienda. Il nostro team responsabile per l’integrità dei contenuti si impegna a fondo per garantire parità di condizioni per tutte le strutture su TripAdvisor, in modo che competano esclusivamente in base ai servizi offerti ai viaggiatori“. Con grande ottimismo si dichiarano anche molto bravi a contrastare questo malaffare : “Il nostro team di indagine utilizza tecniche e strumenti di investigazione avanzati, simili a quelli utilizzati nei settori bancario e finanziario, per individuare l’attività delle società di ottimizzazione di tutto il mondo. TripAdvisor applica una politica di tolleranza zero verso le frodi. Solo nel 2015 abbiamo identificato, indagato e cessato l’attività di oltre 30 siti di ottimizzazione e continueremo a perseguire tali società finché rappresentano un rischio per la nostra community“. Concretamente però chiedono aiuto alla community e ai proprietari convenzionati invitandoli a segnalare queste pratiche sleali e truffaldine e mettendo a disposizione anche un team ed una email: fightfraud@tripadvisor.com. Il super-portale simbolo della credibilità online non specifica però come è intervenuto o cosa prevede di fare concretamente e nemmeno fornisce i nomi delle 30 società di ottimizzazione o siti ritenuti colpevoli. Rimane il fatto che è un duro colpo per chi come noi acquista online e si fida del sistema delle recensioni. La stessa sopravvivenza del gigante americano dipende da quanto riuscirà a sembrare credibile. Una domanda però me la sono sempre fatta. Se Amazon o Ebay, ti permettono di dare un voto o un giudizio dopo aver effettuato loro tramite l’acquisto, lo stesso non accade su TripAdvisor, in quanto non vi è traccia o certezza perlomeno dell’acquisto o di aver usufruito del servizio. Se sono stato o meno in quel ristorante lo affermo io e nessuno mi chiede di dimostrarlo o me ne fornisce la possibilità. Basterebbe la generazione di un codice sullo scontrino o di un QR Code usa e getta fornito con la ricevuta, da fotografare per poter scrivere la recensione e, la certezza dell’autenticità del giudizio ( positivo o negativo ) sarebbe salva. Strano non ci abbiano ancora pensato, non credete?
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