Parigi: in mostra Stanley Kubrick, il maestro dello sguardo
All work and no play makes Jack a dull boy. Ve lo ricordate? Oltre ad essere un celebre proverbio inglese che letteralmente sta a significare Lavorare soltanto e non giocare rende Jack un ragazzo annoiato/noioso ma è anche e soprattutto la famosissima frase usata nel film Shining (1980).
Stanley Kubrick è colui che diresse questo film, regista, fotografo e sceneggiatore, oggi viene omaggiato a 12 anni dalla scomparsa, in una mostra dal titolo proprio Stanley Kubrick, dal 23 marzo al 18 aprile, alla Cinémathèque française di Parigi. In una superficie che coprirà il quinto e il settimo piano della struttura creata da Frank Gehry, sarà allestita la mostra che ha già fatto tappa dal 2004 a Berlino, Zurigo, Gand, Roma e Melbourne, progettata grazie alla Deutsches Filmmuseum di Francoforte e Hans-Peter Reichmann con la collaborazione di Christiane Kubrick, Jan Harlan, l’Archivio di Stanley Kubrick a Londra e la Warner Bros. Nella mostra si entrerà davvero dietro le quinte di tutti i film del grande regista, attraverso documenti inediti, costumi, accessori, corrispondenza, comprese ricostruzioni sia di scenografie in grandi dimensioni sia degli effetti speciali ed edizioni di inediti come l’incompiuto film Napoleon.
Perfezionismo, descrizione, silenzi, allusioni, musica, jazz, Nietzsche, Jung, l’arte, Beethoven, e la fotografia. Tutti elementi del grande “calderone” Kubrick in cui la chiave di lettura di ognuno di questi elementi è la capacità della descrizione infinita del dettaglio, soprattutto dell’immagine del silenzio. Nato come fotografo che lavorò per lungo tempo per Look per pagarsi essenzialmente gli studi di regia, appassionato del goco degli scacchi e della musica jazz (suonava la batteria), lettore dai classici greci fino alle fiabe nordiche, concepiva la creazione filmica come un’opera totale dove il regista doveva essere l’unico operatore di tutte le fasi di lavorazione, dalla fotografia alla produzione, dalla scenografia alla sceneggiatura.
Nel corso degli anni affronta i generi più differenti tra loro: dal genere storico in Spartacus (1959), il dramma psicologico in Eyes Wide Shut (1999), la fantascienza in 2001: Odissea nello spazio (1969), il genere guerra con Full Metal Jacket (1987) e Orizzonti di gloria (1957), l’horror con Shining (1980), il thriller con Rapina a mano armata (1956), la satira fantascientifica in Arancia Meccanica (1971) e la satira politica con Il dottor Stranamore (1964). Generi differenti per pubblici differenti ma l’uomo che affermava che il reale va bene ma l’interessante è meglio, sapeva così porre un unico denominatore nei suoi film: agire per sottrazione e non addizione.
L’ambiguità è il prodotto finale di chi vuole evitare le verità superficiali e preconfezionate ovvero gli incubi, la follia, l’altra faccia del genere umano, vengono affrontati attraverso lo sguardo della protagonista del film che nel 1962 scandalizzò il pubblico perbenista: la Lolita di Vladmir Nabokov. Vengono declinati in maniera differente in Arancia Meccanica (1971) il cui titolo originale in inglese, A Clockwork Orange, è una frase originariamente utilizzata comunemente nell’East London che indica qualcosa di bizzarro internamente, ma che appare normale e naturale in superficie.
Quest’anno si celebrano anche i 40 anni del film e per l’occasione sarà presentata la copia restaurata alla presenza di Malcolm Mc Dowell al Festival di Cannes 2011. Giungiamo all’apoteosi della follia in Shining dove sia gli elementi tecnici come la simmetria, l’eco, il doppio, lo specchio, la freddezza della luce al neon, ritornano continuamente nel film sia gli elementi tematici come i richiami culturali sono ben evidenti come la ripresa della celebre fotografia delle due gemelle di Diane Arbus, Identical Twins (1967).
L’arte è una delle passioni di Kubrick ed è un perno evidente in un film storico come Barry Lyndon (1975). Vincitore dei premi oscar per la miglior scenografia e i migliori costumi, fu girato ispirandosi ai paesaggisti del XVIII secolo: le scene ed i costumi vennero ricavati da quadri, stampe e disegni d’epoca. La musica, altra grande passione, è portatrice di significato in ogni film: dalla “danza” sulle note di Sul bel Danubio blu di Johann Strauß di 2001: Odissea nello spazio al Rossini, dell’Andante dalla Ouverture del Guglielmo Tell, la Nona Sinfonia (ed in particolare al conclusivo Inno alla gioia, ode alla concordia, all’amicizia e all’ordine) di Beethoven che fa da stimolo alle scene di violenza più bestiali di Arancia Meccanica, e l”elegante e malinconico valzer di Schostakovich che apre e chiude Eyes Wide Shut (1999).
L’ultimo film del regista appare come la summa di tutte le sue opere precedenti: è un bene essere destati dai propri sogni e che sarà meglio rimanere svegli a lungo, afferma Alice nel film. Un film in cui occorre attraversare l’accecamento per imparare nuovamente a guardare, conoscere e riconoscere la scena del mondo. L’accecamento dell’uomo di Nietzshe, affrontato da 2001: Odissea nello spazio, di colui che mediante la coscienza del disorientamento capirà che cosa significa veramente guardare, imparare, conoscere, vedere. Ci sembra, a ben guardare, il testamento visivo di Kubrick.
uno dei miei registi preferiti, eccezionale !