Milano: Eva Kant, Dylan Dog, Batman e gli altri fumetti ci raccontano la moda

Eva Kant e Diabolik

L’abito non fa il monaco. Detto popolare particolarmente calzante per ogni finale di conversazione. Ma se è vero che l’abito non fa la persona è pur vero che il vestito in questione può essere il segno distintivo del mondo fantastico. Ecco allora che fin dalla notte dei tempi abbiamo nell’immaginario collettivo la scarpetta di cristallo che denota Cenerentola, l’abito azzurro di Alice, la calzamaglia del Principe Azzurro, le scarpette rosse di Dorothy.

Charlie Brown

Dai cartoni animati ai fumetti e viceversa la moda si colloca prepotentemente da una parte come corollario di personaggi, eroi ed eroine, dall’altra lo stesso fumetto diventa veicolo pubblicitario di determinate case di moda. L’abito del fumetto si fa così stile: diventa specchio di un epoca e fa esso stesso epoca e tendenza. Ed ecco allora che ci appare il berretto da marinaio di Corto Maltese icona di uno dei personaggi “maledetti” più amati uscito dalla matita di Hugo Pratt nel 1967, il classico maglione giallo con zig-zag nera dell’adorabile Charlie Brown e la camicia rossa di Dylan Dog. Ma il connubio moda-fumetto si sancisce fin dalla nascita di quest’ultimo tra il 1827 e il 1833 con i personaggi di Max e Moritz creati a Ginevra da Rodolphe Topffer. Una mostra a Milano organizzata in occasione del Cartoomics 2011 ci proporrà questo rapporto di evoluzione e di scambio tra l’abito e il fumetto in quella che ad oggi è una delle capitali della moda internazionale: MILANO VESTE FUMETTO, curata dalla Fondazione Franco Fossati e visibile al pubblico dall’11 al 13 marzo negli spazi di FieraMilanoCity.

Buster Brown

Si passerà lo sguardo attraverso le tavole di fumettisti e di fumetti che vanno dagli esordi ottocenteschi fino ai manga che imperano il XXI secolo. Il fumetto si rivela così, come tutti i linguaggi artistici, lo specchio del proprio tempo, come infatti quando le pagine del Corriere dei piccoli, nato nel 1905 , si animavano del Capitan Bonaventura vestito di rosso e di Arcibaldo e Petronilla. realizzati dal 1913 dal maestro statunitense Geo McManus.

Alex Raymond, Bambolina Dale Arden

Quest’ultimi hanno saputo specchiarsi attraverso e con la moda del tempo raffigurando le varie forme d’abbigliamento nel loro veloce mutamento. Ma troviamo anche una delle prime pubblicità di un fumetto per la moda ovvero Buster Brown che sponsorizza una celebre marca di calzature per bambini. Scivolando negli anni ’30 ci imbattiamo nelle tavole domenicali a colori dei giornali americani dedicate al personaggio di fantascienza Flash Gordon e alle famose bamboline da vestire di Gordon e Dale Arden disegnate da Alex Raymond oppure nell’irruenta Betty Boop dei fratelli Fleischer: tipica ragazza alla moda del periodo jazz, in gergo flapper, che portava il taglio di capelli più alla moda del periodo, corti e frangiati, indossava un vestitino succinto che lasciava scoperte le spalle e la giarrettiera.

Diabolik la coda del pavone, 2005

All’interno dei fumetti sono di fatto le figure femminili quelle con la personalità più pronunciata e più presente nell’ambiente della moda: vediamo Eva Kant che in Diabolik la coda del pavone del 2005, ambientato nel mondo delle sfilate, fa la modella. Per lei Angela e Luciana Giussani si ispirarono a Grace Kelly facendo divenire Eva un’icona di bellezza e di pubblicità nell’ambiente della stessa moda. Basti pensare che nel 2009 un quadro raffigurante Eva Kant è stato venduto per ben 2.350 euro! Come non citare poi la Valentina nata nel 1965 grazie a Guido Crepax, personaggio che declinava perfettamente gli swinging ’60 dagli effetti psichedelici tanto da essere testimonial di una pubblicità di filati.

Abiti Witch disegnati da Armani

Ci sono poi stilisti che scelgono di creare abiti per personaggi dei fumetti come il vestito da Batgirl creato da Carmine Infantino o, per arrivare ai giorni nostri, il numero 100 di Witch dove le protagoniste sono vestite da Giorgio Armani. In mostra si scovano anche curiosità come il raro numero di Marie Claire del 1949 con un maglione indossato da una modella dalla faccia ancora sconosciuta: Marylin Monroe; oppure le tavole originali del numero 1649 di Topolino del 1987, con la storia Zio Paperone e la conquista del look, in cui Paperone cerca di rinnovare la sua immagine attraverso vari modi e varie fasi. Se è vero come afferma Batman nel film di Tim Burton del 1989 che non tutti gli eroi indossano una maschera, è vero però che ogni fumetto indossa un abito che serve a caratterizzarlo, collocarlo, identificarlo. Esso stesso dventa disegno dell’epoca in cui si muove. Seppur solo, purtroppo, sulla carta.




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