Max Papeschi a Roma: i cartoons diventano i volti dei potenti della Terra
I love Mickey Mouse more than any woman I’ve ever known. Si, proprio così, avete letto bene. Chi “osa”, direi, amare il sempre sorridente Mickey Mouse più di qualsiasi altra persona al mondo?! E’ ovviamente il suo creatore, il deus ex machina dell’icona del “vissero felici e contenti” made in USA: Walt Disney. Grazie anche a lui e soprattutto ai suoi personaggi i bambini di intere generazioni hanno saputo constantemente dividere il mondo in buoni e cattivi, in chi fa, dice, pensa e persino suppone, la cosa giusta o quella sbagliata.
Bianco o nero senza terre di mezzo. E qui si collocano i personaggi disneyani, specchio antiriflesso di quell’America attenta ai valori perbenisti e borghesi in cui il “pare butto che…” è il termine essenziale di paragone per ogni azione umana. Basti pensare che in origine Mickey Mouse doveva chiamarsi Mortimer poi la moglie di Disney fece capire al marito che il nome non era molto “grazioso” così lo convinse a chiamarlo Mickey. Un universo nato e realizzato pienamente nei salotti alla Peyton Place dove ci ritroviamo da adulti a dover scegliere da che parte stare: se con la faccia rassicurante di Mickey Mouse&co oppure tra coloro che appoggiavano Willy il coyote nella sua sfrenata corsa per la cattura del dolce Beep Beep.
Così Max Papeschi, artista, regista teatrale e televisivo formatosi nella scuola Paolo Grassi di Milano, porta in mostra dal 26 febbraio al 24 marzo alla galleria Mondo Bizzarro di Roma, a cura di Gianluca Marziali, i nuovi lavori dal titolo LIFE Less Ordinary. Dopo la precedente esposizione del 2009 Disneyland Under Attack nella medesima galleria e le successive esposizioni tra Roma, Varsavia e Tokio, fino alla recente esposizione a Milano Bambi’s mother is dead, inaugurata il 18 gennaio presso lo Spazio Stendhal 36, Max Papeschi si conferma come uno degli artisti italiani, appartenente al mondo neo-pop e della digital art, maggiormente sovversivi. Se infatti il termine sovversivo sta a significare etimologicamente “volgere dal basso verso l’alto”, Max Papeschi riesce appieno nell’intento ovvero a “porre sotto-sopra il significato”.
Per fare questo alla Mondo Bizzarro l’artista espone i suoi celebri collage digitali, eredi e pronipoti della tradizione inaugurata da artisti come Max Ernst, decontestualizzandone i protagonisti ed inserendoli sulle celebri copertine della rivista fotogiornalistica per eccellenza: LIFE, la rivista che ha sospeso le pubblicazioni nel 2007, nata nel 1936 come settimanale e che ha raccontato per più di mezzo secolo i tempi che cambiano con il contributo di fotografi come Margaret Bourke-White, Larry Burrows, Robert Capa. Le sue copertine grazie al genio dell’editoria Henry Luce, nel periodo della Grande Depressione, offrirono un prodotto totalmente nuovo nella forma e nella sostanza ed inteso nella grafica e nei contenuti. La verità di ciò che avveniva nel mondo era scritta nell’immagine di copertina: dalla Guerra in Vietnam, ai Beatles, dallo sbarco sulla Luna a Marilyn Monroe.
Ed ecco allora che Papeschi mischia le carte in tavola: i volti rassicuranti dei personaggi dei cartoons fanno capolino sovvertendo ed amplificando il significato stesso dell’immagine. Fin da bambino ho avuto una certa diffidenza nei confronti di questi personaggi, Topolino e suoi amichetti mi hanno sempre dato una sensazione di disagio, afferma egli stesso in un’intervista. E come non essere d’accordo? Nelle opere in mostra troviamo Minnie e Mickey Mouse in copertina mentre il bombardiere B-29 Bockscar lancia la bomba atomica su Nagasaki il 9 agosto 1945 oppure Paperino protagonista tra i 3500 marines americani che sbarcano nel Vietnam del Sud l’8 marzo 1965. In una parola Max Papeschi applica quella che Bolter e Grusin definiscono “rimediazione” che, in quanto tale, opera in due direzioni: gli utenti dei vecchi media come film e televisione possono cercare di appropriarsi e rimodellare la grafica computerizzata, così come gli artisti di grafica digitale possono rimodellare cinema e televisione (Bolter- Grusin).
Come in The Man in the High Castle di Philip K. Dick (1962) l’artista immagina un universo parallelo dove le icone degli eventi del nostro secolo si fondono con le icone irreali del nostro secolo.i buoni, i brutti e i cattivi hanno la stessa faccia quella del consumismo, della guerra, del potere. Insomma, tutti alla fine vogliono la stessa cosa. Le immagini di Max Papeschi vanno contro tutto ciò che è edulcorato, sfuggente, vero o falso e che essenzialmente nasconde la realtà dietro l’ottimismo a denti stretti. Vero o falso?Io dico: vero! Sì!Assolutamente vero! Anche questo è vero! Tutto è vero! Niente è falso! Il mondo intero è vero! Vero!Vero! Vero! Vero! Noi siamo tutti veri! Non vorrà mica stroncare un’ottimista con un 4 vero signora?. La Piperita Patti di Schulz era decisamente più sveglia di Mickey Mouse.
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