“Il sogno si avvicina”. Il surrealista Salvador Dalì torna in mostra a Milano
Salvador Dalì torna a Milano. E lo fa con stile; quello stesso stile che ha reso la sua immagine icona del “pittore surrealista”. Dopo ben cinquant’anni, fino al 30 gennaio 2011, sono riproposte le sue opere più significative assieme ad alcune inedite, nelle stesse sale del Palazzo Reale di Milano in cui aveva già esposto nel 1954.
Il sogno si avvicina, così è intitolata la grande retrospettiva che si avvale per la sua realizzazione della collaborazione con la Fondazione Gala-Salvador Dalí di Figueras e dei prestiti sia dal Reina Sofia di Madrid sia da altre istituzioni museali. Ma più che di mostra dobbiamo forse parlare di “spettacolo”. Si perché le 56 opere sono presenti in una successione di sale colorate che variano dal nero al blu. L’allestimento è infatti a cura dell’architetto Oscar Tusquets Blanca, amico e collaboratore di Salvador Dalí. Egli nel 1975 collaborò alla costruzione del grande gioco surrealista del pittore: la Sala Mae West.
Essa è la sala più suggestiva presente in mostra: quadri per gli occhi, un doppio caminetto al posto del naso, il celebre divano Dalilips come labbra, il tutto “abitabile” dai visitatori e proiettato su uno schermo. Le altre sale raggruppano le tele per temi cari al Surrealismo: la Memoria, il Male, l’Immaginario, i Desideri, il Silenzio, il Vuoto. Il perturbante e il sovversivo si mischiano nei soggetti dei quadri: dagli orologi disciolti alla grandi piazze classiche, dalle figure umane imperscrutabili alle giraffe infuocate.
Non abbiamo però solo opere pittoriche in mostra ma anche un po’ di cinema. Parliamo del film Destino, un cortometraggio pensato in collaborazione con Walt Disney nel 1945-46 ma completato solo di recente grazie ai disegni originali conservati dall’Animation Research Library dei Walt Disney Animation Studios di Burbank in California, disegni a loro volta esposti. Da segnalare che, sempre a Milano, è stata programmata una retrospettiva cinematografica sui lavori ispirati a Salvador Dalì. Dalla pellicola Un chien andalou, uscito nel 1929 e definito, da allora, “manifesto surrealista”, a L’age d’or di Buñuel: il film risale al 1930 e coinvolge lo stesso pittore come sceneggiatore. Infine, l’edizione originale, con sottotitoli in italiano, del film Andrò come un cavallo pazzo, del 1973. Noi spettatori, tra pittura e cinema, entriamo quindi nel gioco come elementi essenziali. La stessa direttrice della Fondazione, Montse Aguer, ha affermato parlando di Dalì: «Non voleva visitatori ma personaggi che si lasciassero provocare dalle sue visioni. Da buon surrealista, ci tiene a screditare il reale per aprire le finestre della mente».
There are no comments
Add yours