Enjoy the “image”. Firenze :Gli artisti contemporanei raccontati dal cinema
Calvino diceva “chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria” ovvero se vuoi vedere chiaramente qualcosa fai qualche passo indietro, conta fino a dieci, e vedrai che arriverai a comprendere. Questo è uno dei propositi, inconsapevoli, dell’arte contemporanea. Riuscire a comprendere e a dare forma al caos che ci è attorno: rimettere a posto i pezzi del puzzle . Così, forse, si ha veramente qualcosa da dire. Attraverso i propri mezzi: pittura, scultura, fotografia e il cinema. Mezzo di comunicazione per eccellenza viene usato dagli artisti e soprattutto per gli artisti.
Ne è un chiaro esempio Lo schermo dell’arte, festival internazionale di film dedicati alle figlie e cugine della pittura, coordinato da Silvia Lucchesi e che si terrà dal 22 al 25 novembre all’Odeon di Firenze. Nel ricco e complesso panorama artistico contemporaneo il festival, giunto alla sua terza edizione, ha il merito di portare al grande pubblico l’analisi della creazione di opere di artisti come Andreas Gursky Long, Jean Michel Basquiat, Vik Muniz. Novità di quest’anno è il premio Lo schermo dell’arte 2010 con cui si risonoscerà il talento di un giovane artista italiano. L’opera che verrà realizzata sarà presentata in anteprima alla prossima edizione del festival nel novembre 2011.
Ma veniamo alla rassegna di quest’anno. “All the ancient chinese rastafarian.. / The man called Gurie yea right / A boy called Cookypus” cantata nel lontano 1982 dai Beastie Boys e “I’m gonna ask you to look away / I love my hands, but it hurts to pray / Life I have isn’t what / I’ve seen / The sky is not blue and the field’s not green” cantata da Moby nel 2009 fanno da colonna sonora a due dei progetti più interessanti. Nella sezione Sguardi, dove si indagano i profili di artisti contemporanei, spuntano accompagnati da queste note, due lungometraggi: Jean Michel Basquiat, The Radiant Child di Tamra Davis in anteprima italiana, che inaugurerà il festival la sera del 22 novembre. Poco prima della morte dell’artista avvenuta nel 1985 lʹintervista ci racconta, nel vero senso della parola, la New York degli anni ʹ80. Curiosità: Mike D. leader dei Beastie Boys, marito di Tamra Davis, sarà presente in sala.
Chi sono i catadores? Ce lo spiega Vik Muniz che, attraverso le sonorità di Moby, è il protagonista sul grande schermo di Waste Land di Lucy Walker, premiato al Sundance Film Festival e al Festival di Berlino. Il lungometraggio tocca un argomento di fote attualità: la discarica più grande del mondo, quella di Jardin Gramacho, Rio de Janeiro. Ed è proprio vero, “non si vive di solo pane”: i soggetti delle sue immagini sono proprio gli uomini e le donne che vivono raccogliendo rifiuti, ovvero i catadores. Sempre per la sezione Sguardi ricordiamo Andreas Gursky, Long Shot Close Up di Jan Schmidt Garre e Olafur Eliasson: Space is Process, realizzato da Jacob Jorgensen e Henrik Lundo. Tra le “bio” più incisive consigliamo la visione, per i più o meno esperti, di due lungometraggi, differenti per contenuto e stile.
Il lungometraggio per la celebrazione dei 103 anni dell’architetto Oscar Niemayer che si intitola proprio Oscar Niemayer. A vida è un sopro del regista brasiliano Fabiano Maciel e il film premiato con il Best New York Documentary al Tribeca Film Festival: The Woodmans. Alla presenza del regista C. Scott Willis assisteremo alle interviste ai familiari, ai filmati, alle fotografie, della fotografa Francesca Woodman tantando di snodare la matassa del profilo, a volte troppo complesso, di un’artista scomparsa a soli 22 anni (leggi la recensione di Modeyes).
Nella seconda sezione, Cinema d’artista, sono presentati film che trattano i temi del mercato economico e di tutto ciò che ne deriva: Marxism today (prologue) di Phil Collins è stato realizzato per la Biennale di Berlino 2010, Lobbyists con il quale Libia Castro e Ólafur Ólafsson hanno vinto il prestigioso Prix de Rome 2009 e rappresenteranno l’Islanda alla prossima Biennale di Venezia 2011, The Anarchist Banker di Jan Peter Hammer tratto da un racconto di Fernando Pessoa che tocca il tema dell’anarchismo e del libero mercato.
Da contorno ma non per questo non degna di nota, sarà la tavola rotonda della sezione Festival Talks dedicata quest’anno al tema del documentario. Interverranno Bettina Steinbrügge, autrice del libro The Need To Document e gli artisti Phil Collins, Jan Peter Hammer, Libia Castro e Ólafur Ólafsson. Incluso nella rassegna “50 giorni di cinema internazionale a Firenze”, Lo schermo dell’arte rappresenta una di quelle manifestazioni in Italia che aprono o allargano degnamente lo sguardo. Per concludere citando sempre Calvino, se è vero che “non è la voce che comanda la storia: sono le orecchie“, noi qui ci aggiungiamo gli occhi.
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