Convegno annuale Pambianco : ” a tutta forza verso l’estero “
Si è svolto oggi l’annuale e, maggiormente autorevole, convegno italiano dedicato al sistema Moda, organizzato da Panbianco e Intesa Sanpaolo.
Come ha ricordato il Presidente della Camera Nazionale della Moda, Cav. Mario Boselli, l’Italia è uno dei cinque paesi con una bilancia dei pagamenti ancora in positivo. Dato significativo che a dispetto della crisi economica testimonia la capacità del Made in Italy in generale , in cui la moda ha sicuramente un ruolo di riferimento.
Ma se l’allure Italia ancora è sinonimo di qualità, la delocalizzazione della produzione è un fattore fisiologico e comprensibile.
Ma il Cav. Boselli ha richiamato l’attenzione sul depauperarsi di questo appeal italiano se non accompagnato dalla reale proposizione di valore aggiunto in termini di qualità produttiva. Se le aziende italiane intendono spostare la filiera produttiva in Asia (Cina in testa) per poi rivendere sui mercati come se producessero in Italia, commettono un errore di miopia imprenditoriale, in quanto il consumatore (specialmente in momenti di crisi) sempre più attento, cercherà analoghi prodotti ma approvigionandosi a prezzi piú concorrenziali. Risultato: ampi margini nel breve ma perdita di autorevolezza della marca velocemente e danneggiamento delle tradizionali capacità produttive e del know how nazionale.
Dicevamo grande capacita nell’export che vale 16 miliardi di euro per la nostra bilancia dei pagamenti diretta a mercati cosiddetti emergenti (ormai più che emersi) che saranno ancora Russia, Cina, Corea del Sud, Hong Kong, ma anche Francia, Svizzera, Polonia, Emirati Arabi. Prospettive non rosee per il prossimo anno ma non grigie come quest’anno. Regge meglio il “lusso” rispetto al “non lusso” per la migliore marginalità consentita dal “price power”; meglio l’export extraeuropa (BRIC) che il mercato continentale , fiaccato dalla stretta fiscale e creditizia, dai problemi del debito e dalla maggiore assuefazione al “lusso”.
Ospite d’onore del convegno Pambianco è stato François-Henri Pinault. Il Ceo di PPR ha detto che il colosso del lusso francese ha molto di italiano. Italiane sono infatti 4 dei 10 brand della divisione Luxury, ovvero Gucci, Bottega Veneta, Brioni e Sergio Rossi, Con questi marchi italiani il gruppo produce l’80% del giro d’affari e il 90% del risultato operativo. Prima di buttarsi sulla moda e sul lusso PPR si occupava principalmente di distribuzione e grandi magazzini (tra cui la FNAC , realtà in crisi, i cui lavoratori protestavano oggi all’esterno del convegno) ma da qualche anno le strategie sono cambiate. Per fare un esempio è un po’ come se Rinascente acquistasse i marchi Dior o Lacoste.
Il “made in Italy” rappresenta per Pinault ed il suo Gruppo “un orientamento strategico nella gestione dei brand, ma anche un ecosistema fragile da proteggere e sostenere con investimenti nella produzione e nelle risorse artigianali”. Poi l’imprenditore francese ha messo il dito nella ferita evidenziando che presto anche paesi come la Cina, Il Brasile o l’India produrranno “luxury goods”. Il primato dell’Italia e della Francia in questo settore resiste grazie al fattore “tempo”. Secondo Pinault ci vorrà tempo (non solo finanza) per eguagliare il nostro savoir faire tradizionale che è di lunga data. Il cronometro è già partito.
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