“Invader” alla Wunderkarmenn: il gioco diventa invasione
Sconfiggere ondate di alieni con un cannone laser, per guadagnare quanti più punti possibili: è l’obiettivo del videogame Space Invaders; ve lo ricordate? Progettato nel 1978 dal giapponese Tomohiro Nishikado, ha ipnotizzato per ore, un’intera generazione di giovanissimi, diventando un fenomeno pop negli anni 80, e ha influenzato il lavoro dello street artist francese Invader, in mostra, per la prima volta in Italia, alla Wenderkarmenn di Roma, dal 23 ottobre al 21 dicembre.
Dallo schermo alla città, gli “space invaders” dell’artista parigino, si sono manifestati, nell’estate appena trascorsa, per le vie di Roma: sui muri delle case, sotto i portici, lungo il Tevere; sotto lo sguardo divertito e incuriosito dei passanti. Realizzati sotto forma di tessere colorate che rappresentano il “pixel”, clonati e poi assemblati come mosaici, sono stati moltiplicati e reiterati da Londra a Bangkok, da New York a Hong Kong, dai piccoli centri urbani alle grandi metropoli, prima fra tutte Parigi, nel 1999, dando vita a una sorprendente invasione urbana.
In dodici anni di attività, diligentemente documentati e monitorati attraverso un’operazione ambiziosa e complessa, che si avvale del supporto tecnologico di Google Map, Invader ha introdotto, indisturbato, i suoi alieni, nell’immaginario mondiale e nella pop-culture, celebrata da Roma 2010 & Other Curiosities, nello spazio poco convenzionale del quartiere periferico di Torpignattara.
In vetrina gli alias degli space invaders capitolini e il progetto Rubikcubism: una serie di opere realizzate utilizzando il Cubo di Rubik, un altro simbolo importante degli anni ’80. Manipolati e mescolati, i tasselli colorati del rompicapo più venduto nella storia, generano vere e proprie opere scultoree, che ripresentano immagini estrapolate dalla cultura di massa, icone pop e opere d’arte famose. Da L’Origine del mondo di Gustave Courbert alla Grande odalisca di Ingres; dai ritratti di personaggi celebri come Alexander DeLarge di Arancia meccanica a Jack Torrance di Shining, i rubikcubist invadono lo spazio espositivo e si sovrappongono ai ricordi infantili e adolescenziali dello spettatore che, sorpreso da questa nuova apparizione, si domanda con perplessità: è un gioco o una nuova invasione?
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