Christian Boltanski: la fragilità della memoria in mostra a Roma

 

Christian Boltanski, Gelebt, 3 fach, 2004

6 maggio 2011. A Roma ha inizio una storia. Non una superstoria straziante, da talk-show e rotocalchi, ma una registrazione evocativa di un trascorso fragile, di una temporalità impalpabile, di quell’attimo antico, direbbe Marcel Proust, “che l’attrazione di un attimo identico è venuta così di lontano a richiamare, a commuovere, a sollevare, nel più profondo di me stesso”.

Christian Boltanski, Le juif errant, 2001

È la storia narrata da Christian Boltanski, personaggio di spicco della scena artistica contemporanea, una piccola storia personale, come la storia di tutti; leggibile solo attraverso la lente deformante del ricordo. Artista della memoria e della perdita, dopo la monumentale installazione Personnes, creata nel Grand Palais di Parigi in occasione di Monumenta 2010, e riproposta negli spazi mozzafiato dell’Hangar Bicocca di Milano, l’artista francese presenterà Sans Fin, dal 6 maggio al 30 agosto 2011 presso la Fondazione Volume di Roma. Empaticamente vicina all’operato di Nan Goldin, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista, l’arte di Christian Boltanski, attraverso “gli oggetti trovati” e la fotografia ricrea la sensazione del passaggio, del fluire del Tempo, della precarietà effimera dell’esistenza, che sprofonda nella devastazione della morte, ma anche nella forza avvolgente del ricordo e nel potere salvifico della Memoria.

Christian Boltanski, Padre mariano, 1994

La lotta contro la scomparsa è la trasmissione attraverso l’oggetto-reliquia: è il vestito usato che parla di qualcuno che non c’è più in Personnes, è la fotografia di un bambino che gioca, che verrà riconosciuta come propria da ciascuno di noi. I video (Gelebt, 2004) come le foto nelle sue installazioni (Padre mariano, 1994), svelano presenze anonime, ma familiari, che racchiudono una storia, composta di libri preferiti, di ricordi, di tutto ciò che ci forma e ci costruisce: la piccola storia che sparisce quando qualcuno muore. L’installazione Sans Fin pensata per la Fondazione Volume, a cura di Claudia Gioia, ci invita a interagire con grandi fotografie in movimento dove lo spettatore è portato a riconoscere l’inconsistenza di una fragilità intuita come propria; a subire il fascino seducente di un’assenza che, “venuta di lontano a richiamare, a commuovere” sarà diversa per ciascuno, perché ognuno ha una piccola storia da riconoscere e da tramandare.

 

Christian Boltanski, Personnes, No Man’s Land, particolare, 2010

 




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